Premessa
Fuorvianti, confusi, pericolosi agli effetti degli obiettivi che si vogliono raggiungere, sono
entrambi gli scenari proposti dallo Stato per il riassetto territoriale e politico del Locarnese
nella sua rivista “Il Comune”, del dicembre 2005. Peccato! La pubblicazione del periodico
sarebbe stata l’occasione, la prima, di presentare al pubblico un progetto unico, facile e
semplice, come è facile e semplice riconoscere e capire la città reale che già si stende, come
un nastro, dal confine con l’Italia a est, fino alle porte della futura Bellinzona ad ovest. C’è, e
si rileva in gran parte dei contributi apparsi, una incongruenza di fondo, quando non è aperta
contraddizione, ad esempio fra le riflessioni del professor Rossi (pag.25) e dell’architetto
Snozzi (pag. 22) e gli scenari prestabiliti del BI POLO e quello del COMUNE UNICO. Viene
spontaneo chiedersi se chi fa i progetti e gli studi della Nuova Locarno ascolta e legge con
attenzione ciò che le persone competenti, di buon senso e razionali, scrivono e pensano
oppure è indifferente ad ogni suggestione esterna. Infatti, ancora una volta, sciaguratamente e
reiteratamente, si parla di Maggia che divide, quando tutti sanno, ad eccezione probabilmente
di chi deve progettarci la futura città, che Locarno sta già saldamente sulla sponda destra del
fiume e che Ascona, per una pianificazione organica del suo futuro sviluppo urbano, dovrà
contare ed avrà bisogno dei campi sul territorio di Locarno, oggi coltivati a riso, sui quali già
sorgono i due alberghi cinque stelle che arbitrariamente si pensa siano di quel borgo.
Sfogliando la Rivista si ha l’impressione, e vorrei che non fosse vero, che in essa di fusione si
scrive perché è il tempo di farlo e la moda lo impone. Tuttavia lo si fa con ambiguità e riserve
mentali della dimensione di macigni che, se si smuovono, rotolano lungo la china del
particolarismo e degli interessi del momento e distruggono tutto quanto, con urgenza, si
dovrebbe predisporre per un futuro decente della Regione locarnese e del Cantone. Già il fatto
di presentare due scenari: quello del POLO e l’altro del BI-POLO, sembra fatto apposta per
dimostrare che l’esercizio che si sta facendo è accademico e non avrà nessuna conclusione
pratica. C’è il sospetto che i due scenari sono stati presentati ad arte, per far litigare, ed infine
per non concludere niente. S’incontrano poi nei testi della rivista, affermazioni conclusive
superficiali, letteralmente buttate là, senza un fondamento di prove risultanti da seri studi per
l’assetto sia urbanistico, sia politico ed economico della futura città, come quella a pag.7 che
afferma“…è improbabile che si possa procedere direttamente a una aggregazione da
Brissago a Cugnasco…” Sono frasi queste, mortificanti per chi riflette e considera
seriamente il problema delle aggregazioni sopracenerine. Vediamo perché.
Premesso che l’unico obiettivo strategico credibile e fondato è il riconoscere la città reale,
che oggi già esiste da Brissago a Cugnasco e che fa paura non tanto per la sua espressione di
chiarezza, semplicità e logica inoppugnabile, quanto appunto perché nella sua realizzazione
sta la soluzione dei problemi non confessati che, solo se esplicitati appaiono nella loro non
trascurabile importanza. L’inconfessato e il rimosso, anche in questo caso, annebbia e non
lascia vedere ciò che è semplice e già costituito nella città che sorge su due delta: quello
della Maggia e quello del Ticino. Non è necessario importunare Carlo Magno, né lo zar Ivan I,
(vedi pag. 27) per definire storicamente il futuro della Città dei delta: basta soffermarsi per un
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attimo solo sul significato storico, politico e sociale del suo più bel monumento architettonico
del passato: la basilica di San Vittore a Muralto. Essa segna e legittima, nel ritorno della
storia, l’unità di gestione non più solo religiosa, ma politica, quale centro di una regione che la
città del futuro deve ristabilire. E non ricorda ed impone solo una testimonianza esemplare di
quella cultura giudaico-cristiana di cui oggi tanto si parla e la si ritiene isolata ed egemonica.
Sotto la basilica e la vicina residenza “Al Parco”, gli scavi hanno rilevato una città romana che
riporta a sicuri elementi di esistenza di una zona urbana, unitaria testimoniata dai reperti
trovati da Gudo ad Arcegno, che ha le radici nell’età classica della romanità e non solo in
quelle più recenti della cristianità.E veniamo al non confessato, esponendolo unito a obiettivi
di fondamentale importanza, irrinunciabili se si vuole raggiungere lo scopo e ristabilire una
chiara visione strategica che manca assolutamente nelle conclusioni che la Rivista ci
propone.
1. La ricongiunzione territoriale.
L’articolo di Snozzi prevede con chiarezza quale sarà la città del futuro sul Piano di
Magadino. Città che già oggi si profila, con le grandi superfici di vendita ai piedi del Ceneri,
con la futura stazione ferroviaria dell’Alp Transit al centro e la via commerciale-artigianale di
squisito ed intenso carattere urbano che da Gondola va fino a Cugnasco. A questo proposito
vanno ribadite le perplessità e lo sconcerto suscitati dal fatto che gli organi di studio e di
pianificazione dello Stato non tengono in minimo conto il risultato di due votazioni che
appunto hanno dato precise indicazioni in merito alla politica territoriale futura per l’assetto
del Locarnese: quella che riguardava la Grande Verzasca e quella del Comune nuovo.
L’indicazione data dal risultato della prima votazione è chiaramente un segnale d’insofferenza
per chi vuol mischiare zone urbane che caratterizzano i comuni di Tenero e Gondola a zone,
come la Valle Verzasca, che per contro necessitano di un assetto territoriale particolare di
parco, come è inteso oggi e che garantisce una salvaguardia dei tesori naturalistici e culturali
di quella splendida Valle. La seconda votazione dava chiare indicazioni della volontà di
Locarno di seguire un piano organico di sviluppo che prevede la ricongiunzione del
territorio della Città con l’importante territorio che lei già possiede sul Delta del Ticino,
più esteso di quello urbano. Se poi si considerano lo sviluppo artigianale e industriale della
citata strada che da Gondola va a Cugnasco, la prevista nuova stazione ferroviaria della linea
metropolitana nei pressi dell’ex inceneritolo, i servizi importanti già presenti come l’aeroporto
e il crematorio, si capisce quanto questa zona conti per il futuro assetto della città. Prendere
atto ancora una volta che sulle cartine allestite per il “COMUNE UNICO” non sono presi
in considerazione i comuni di Tenero e Gondola, oltre che provare una certa irritazione, si
arriva alla convinzione che gli organi statali di studio e di progettazione prospettano una
fascia di separazione fra il territorio del Piano che gli appartiene e la città di Locarno. Si
ripete cioè l’edificazione del muro virtuale ,che ostacola lo sviluppo della città nella sua
naturale espansione verso il Piano di Magadino, dividendola in due e separandola proprio
dalla parte dove il futuro indica lo sviluppo della città, come Snozzi ha chiaramente scritto
(pag. 22).
2. L’eliminazione del parassitaggio delle periferie
Per capire la drammatica situazione in cui si trova Locarno, circondata da Comuni un tempo a
carattere rurale ed oggi urbani, è utile considerare l’evoluzione urbanistica e demografica
della zona urbana nell’ultimo mezzo secolo. Ancora negli anni cinquanta la città era più forte
per numero d’abitanti e potenza finanziaria di tutta la fascia urbana. Poteva allora
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comodamente far fronte alle spese e ai costi dei servizi che offriva alle periferie. La forte
immigrazione dalle Valli e dall’estero ha sviluppato in modo anomalo i comuni periferici
cambiandone radicalmente il carattere da agricolo a urbano. L’equilibrio si è rotto quando la
zona urbana periferica ha superato ed ha sopraffatto la città. Da un rapporto di ca. 12.000
abitanti della città contro i ca. 7000 di tutto l’agglomerato (cifre citate a braccio) si è passati a
un rapporto di 16.000 anime di Locarno contro i 35.000 della fascia urbana.
Trentacinquemila abitanti che si siedono comodamente sui sedicimila della città, con la
convinzione pietrificata e pietrificante che lo sviluppo di Minusio, Muralto, Ascona e Losone
è stato merito di quelle amministrazioni comunali periferiche. Oggi, per il tramite dei loro
sindaci, questi comuni hanno l’arroganza di chiedere alla città di ridurre i suoi servizi
amministrativi e il suo debito pubblico. Servizi e debito pubblico in gran parte aumentati e
gonfiati proprio perché la città ha dovuto sopportare l’onere dei servizi necessari per lo
sviluppo e la crescita di tutto l’agglomerato. Perciò si fa urgente la necessità di una nuova
coscienza del problema proprio perché il futuro di Locarno sarà determinato dalle stesse
periferie che oggi ne pregiudicano lo sviluppo e che domani governeranno la città reale,
con maggioranze assolute e una preminenza economica e finanziaria notevole. La centralità
di Locarno non può essere di conseguenza intesa come futuro dominio e controllo della città
sulle periferie. Si tratta invece, per le periferie, di passare da un ruolo subalterno di
parassitaggio a un ruolo di protagonista principale e responsabile nella gestione e nel
governo della futura città. Non è la città che si impossessa delle periferie, ma sono le
periferie che prendono possesso della città per dominarla grazie alle leggi della
democrazia.
3. L’uguaglianza di trattamento
Il presidente del PLR Giovanni Merlini, a una domanda concernente gli ostacoli causati dalle
diverse maggioranze partitiche presenti nei comuni per i quali si pianifica l’aggregazione,
risponde che il problema esiste e cita Muralto. A mio avviso non è tanto il problema
ideologico che caratterizza i differenti partiti dominanti nei comuni della fascia urbana ad
essere in questione e di ostacolo ad una aggregazione, quanto quello delle famiglie e dei clan
costituiti in notabilati politici per controllare l’attività economica, in particolare ed oggi in
modo molto manifesto quella dell’edilizia e del mercato immobiliare, che sono trainanti nella
Regione. L’immagine del politico non è tanto data dal suo credo e dalla coerenza col quale lo
segue nell’azione pubblica, quanto dalla sua capacità di prima insinuarsi nei municipi, poi
dominare nel campo degli affari e dell’imprenditoria, appunto grazie alla posizione di
privilegio che occupa politicamente. Ne consegue che, oltre a una commistione non sempre
trasparente e limpida di affari fra pubblico e privato, attorno a queste persone di potere,
indipendentemente dal partito a cui appartengono, si formano gruppi gregari di clientele
elettorali. E’ovvio che questi partiti “degli affari” costituiti ad hoc, con nomi di copertura di
partiti veri, si opporranno strenuamente a qualsiasi tipo di aggregazione. Il clan famigliare o di
potere, che si costituisce nel tempo, con pazienza sul modello di una nuova aristocrazia che
esige privilegi, sia nei municipi e nei patriziati di Ascona e Losone, sia nei comuni di Muralto,
Gordola e Ronco, è cosciente che può agire solo in entità di pubblica amministrazione piccole,
dove il controllo degli elettori è possibile appunto grazie ai favori che si possono fare e
l’acquisizione di lavori ed affari è facile per appunto la conoscenza capillare che si ha del
territorio e del suo tessuto sociale. I conflitti di interessi e la commistione fra pubblico e
privato, anche se scoperta, nel territorio ristretto di un piccolo comune, non ha mai
conseguenze legali o penali che scalfiscono il potere o l’onorabilità di chi commette atti
illeciti. Anzi, chi ci sa fare è spesso ammirato e perciò votato. Curioso è il fatto che tutti i
partiti storici agiscono nella gestione e nella costituzione di notabilati e di centri di potere
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politico affaristico nello stesso modo. A questo proposito non ha nessuna importanza che una
amministrazione comunale sia di maggioranza PPD , PLR o PST.
(Una dimostrazione, clamorosa, che neanche un partito che si vuole rigorosamente etico, come il PST, si adegui
a questo modo clientelare di gestione del potere, sono le dichiarazioni di Bertoli /(pag. 15) che reiteratamente
vuole il “Comune Nuovo” a Cugnasco, perché vede in esso una ‘possibilità di egemonia socialista grazie alle
personalità del partito che hanno concepito il Comune nuovo e che domani sperano di dominarlo.)
La creazione della nuova Città sui due delta avrà, oltre che la conseguenza positiva di
eliminare queste egemonie o aristocrazie che ostacolano la libera concorrenza e il gioco
del mercato, anche quella di reinserire nell’ambito, sia politico, sia degli affari, di nuove
generazioni o di persone e classi che metteranno in moto ed accellereranno puntuali
dinamiche di sviluppo della città. Il problema dell’esercizio del potere politico, che come
Merlini dice, (pag. 14) esiste ed è *…inutile nascondersi dietro un dito…” come già
spiegato nella Premessa di questo esposto, non sarà risolto, come proposto dalla Rivista con la
creazione di un BI POLO. Anzi le cose peggioreranno perché assisteremo, senza ombra di
dubbio e di sbagliare nelle previsioni, (a meno che i gruppi di potere e dominanti di Ascona e
Losone sono degli sprovveduti ed io non lo credo), allo svolgersi del seguente scenario:La
popolazione votante di Losone ed Ascona (Brissago e Ronco sono irrilevanti nel processo
di fusione della sponda destra) deciderà appunto, a stragrande maggioranza in favore
del BI POLO, per mantenere due privilegi: 1. i clan, i notabilati politici e le famiglie di
potere di Ascona e di Losone continueranno indisturbate a dominare le loro clientele; 2.
il moltiplicatore per il Comune sulla sponda destra sarà più basso di quello del
COMUNE UNICO sulla sponda sinistra della Maggia, appunto perché il parassitaggio
di Brissago, Ronco, Ascona e Losone potrà continuare indisturbato e senza ostacoli a
spese della città di Locarno. Sulla sponda sinistra, Muralto, dovrà invece sciogliere le sue
milizie d’assalto economico e di famiglia e, dopo i trionfi attuali manifestati a ragion veduta
con poco pudore da Gilardi di Muralto e Mazzoleni di Minnusio, che comprano i gioielli di
famiglia che Locarno deve vendere, sciaguratamente, proprio perché i terreni della città
dovrebbero essere la dote che Locarno porta alla futura Città sui due delta per edificarvi sopra
i servizi di una nuova grande Locarno. Probabilmente Gilardi e Mazzoleni, ai quali è
consentito di fare affari (e qui non li si rimproverano per questo loro agire ma si rimprovera
alla città poca lungimiranza), rivenderanno il terreno oggi acquistato da una città in condizioni
di indigenza e tutta da bere, alla futura, opulenta Grande Locarno. Il Cantone dovrà spiegarci
perché Muralto deve sciogliere il partito di famiglia e degli affari, i suoi cittadini
saranno tenuti a pagare più imposte, mentre che i gruppi egemonici di Ascona e Losone
potranno continuare in una situazione di privilegio a fare i loro affari e gli abitanti dei
quattro comuni della sponda destra a pagare imposte più basse di quelli della sponda
sinistra. C’è da chiedersi se uno Stato che si dichiara liberale ha il compito di stabilire e
salvaguardare situazioni di privilegio o quello di mettere i cittadini in condizioni di
uguaglianza. Anche qui, se si procederà come prospettato dagli enti dello Stato, vedremo una
sponda destra che andrà a passi da gigante verso l’aggregazione ed una sponda sinistra
paralizzata in virtù e grazie appunto al capolavoro che lo Stato stesso presenta, predisponendo
due scenari: un BI POLO ed un COMUNE UNICO. Già due anni fa scrivevo al Consigliere di
Stato Pedrazzini, con il successo che oggi si può constatare, del pericolo che c’era se si
presentavano due scenari come è il caso oggi: uno per i ricchi sulla sponda destra e l’altro per
i poveri sulla sponda sinistra.
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4. Aggregazioni a tappe?
Con meraviglia e non poca preoccupazione si è assistito e si assiste al disordine territoriale
che sorge nel Cantone con l’attuale sistema e le procedure predisposte per le aggregazioni. Si
è costituita una città mostruosa: Lugano, e il governo, che non governa, l’addita quale
esempio da seguire, anche se è cosciente che l’agire spontaneo dei comuni secondo gli
ordinamenti legali attuali mai porterà ad una soluzione organica di costituzione di città vere e
di salvaguardia di quelle zone o valli a carattere storico rurale che vanno protette e per le quali
occorre una legislazione particolare. Il Governo non governa e lascia fare perché, malgrado
ciò che si smentisce ogni giorno, l’egemonia di Lugano nel Cantone non è messa in
discussione ed ostacolata fintanto che il Sopraceneri è frammentato e in esso non vi è una città
vera ed organizzata amministrativamente come tale. Nessuno obietta qualcosa a persone
altrimenti di buon senso come è Bertoli (pag. 15) che preconizza in una zona già fortemente
antropizzata la creazione di un Comune nuovo a spese della città, aggiungendo che in un
secondo tempo l’eventuale (sic.) Grande Locarno integrerebbe questo nuovo villaggio
dormitorio. E’ questo un segno di assoluta mancanza, oltre che di una visione strategica, di
immaginazione di come saranno le città di domani e di un minimo di conoscenza storica.Nel
Locarnese la fusione di Locarno con Solduno è stata realizzata nel 1928. Oggi si parla di
fusioni per situazioni politiche ed economiche contingenti. Ciò che viene stabilito, già per le
dimensioni notevoli e le conseguenze politiche e sociali del fenomeno, per necessità di
consolidamento e strutturali intrinseche, durerà un secolo e forse più. Se ci si sofferma per un
solo istante, considerato quanto esposto precedentemente, a riflettere come può reagire un
domani la grande Ascona sulla sponda destra della Maggia o il Comune Nuovo a Cugnasco,
di fronte a una prospettiva di aggregazione non forzata con Locarno, si capisce quanto remota
sia la possibilità che ciò sarà affrontato con entusiasmo da nuove entità comunali che vivono
situazioni di privilegio. E’ quindi il Governo, oggi latitante, che dovrebbe pianificare
globalmente ed organicamente le future città e non nascondere la testa, come fanno gli
struzzi, dentro le sabbie di una presunta, più che reale, indipendenza e libertà
d’autodeterminazione dei cittadini di comuni in cui vi sono famiglie e interessi così forti
d’avere i mezzi e la capacità di difendere un precario interesse particolare di oggi e
pregiudicare uno sviluppo generale che condiziona ed è determinante per il futuro della
città.
5 . Sintesi
Ogni cittadino ed ogni cittadina che pensano e riflettono, così come ogni ente o istituzione
politica ed economica, hanno un loro concetto personale e una visione particolare di città.
Questo concetto o visione può essere frutto di impressioni emotive, o suggerito dall’interesse
personale, politico, economico, o anche culturale e ideale. La soluzione suggerita da singoli
attori non sarà mai quella giusta e razionale, appunto perché non mediata secondo le leggi
dell’interesse pubblico. Di conseguenza lo Stato deve finalmente assumersi il ruolo di
mediatore e proporre soluzioni basate su seri studi di pianificazione e su prove di carattere
scientifico ed urbanistico e non su opportunità o opportunismi dei singoli o del momento.
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Che fare?
I. Gli organi competenti dello Stato, in particolare il Consiglio di Stato, di fronte allo
squilibrio creato dalla istituzione della Grande Lugano deve, urgentemente
predisporre un piano organico di organizzazione politica e territoriale di tutto il
Cantone, con una pianificazione ed una conseguente legislazione che definisce con
semplicità e chiarezza gli obiettivi strategici per l’assetto politico delle zone
urbane (le future quattro città) e di quelle rurali (le Valli organizzate con carattere
di parco). Finora il Cantone, irresponsabilmente, lascia all’iniziativa di comuni con
procedure che non garantiscono nessun sbocco organico, le costituzioni e gli
assetti delle nuove città. Gli attuali studi, in particolare per quanto che riguarda il
Locarnese, devono perciò essere sospesi.
II. Contemporaneamente ed in simbiosi con quanto predisposto al punto I, gli organi
competenti dello Stato per lo studio delle aggregazioni urbane definiscono un
obiettivo strategico unico, uniforme ed equilibrato per la futura creazione delle
nuove città di Bellinzona, Locarno,Lugano e Chiasso, definendo i confini di ogni
città in base ad una reale situazione di estensione odierna e di previsione per il
futuro.
Arnaldo Alberti
Copia:
-Giorgio Ghiringhelli,Via Ubrio 62, 6616 Losone
-Giovanni Merlini,Via Vela 8, 6600 Locarno
-Fabio Bacchetta-Cattori, Via Trevani 1°, 6600 Locarno
-Manuele Bertoli, Via ai Molini 9, 6616 Losone
-Carla Speziali, Municipio
-Luigi Pedrazzini, Governo
-Marco Borradori, Governo
-Gabriele Gendotti, Governo
-Patrizia Pesenti, Governo
-Luigi Snozzi
-Giò Rezzonico, Tipografia, locarno
-Angelo Rossi
-Mauro De Lorenzi, Dipartimento dell’interno, 6501 Bellinzona
-Francesco Del Priore, Via Franscini 10, 6600 Locarno
-Vittorio Margotti, Via Marcacci
-Gianfranco Cotti, Largo Zorzi 12, 6600 Locarno
-Michele Gilardi, Via Stazione 9, 6600 Muralto
-Piero Mazzoleni, Piazza Grande 26, 6600 Locarno
-La Regione (locarno@laregione.ch)
-Corriere del Ticino(locarno@cdt.ch
www.aalberti.ch