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Neutralità perenne e armata?

maggiore Arnaldo Alberti


Eventi e situazione giuridica

La neutralità è un principio del diritto internazionale. La prima codificazione scritta dei diritti e degli obblighi legati allo status di Paese neutrale risale alle Convenzioni dell'Aja del 19071. Tra gli obblighi, oltre alla non belligeranza durante un conflitto, è esplicitamente designata l'autodifesa; tra i diritti, l'inviolabilità del proprio territorio. L'atteggiamento dello Stato neutrale è determinato da una popolazione persuasa dal principio, consapevole del valore della neutralità e perciò decisa a impedire con le armi che uno dei belligeranti usi il suo territorio come base o teatro di operazioni.

Lo statuto della Società delle nazioni e il patto Briand-Kellog del 27 agosto 19282 avrebbero determinato, secondo un'opinione largamente diffusa, se non la fine, certo una strutturale trasformazione dell'istituto della neutralità, quanto meno nei rapporti tra le parti contraenti. Invece, atti interni e internazionali (accordo 27 maggio 1938 tra Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca e Islanda; memorandum svizzero alla S. d. N., 30 aprile 1938, per il ritorno ad una neutralità effettiva) dimostrano che agli inizi della seconda Guerra mondiale la dottrina dell'istituto era rimasta inalterata nella sua sostanza.

Nella Costituzione svizzera3 la neutralità non figura tra gli scopi dello Stato ma viene menzionata nell'elenco dei compiti spettanti all'Assemblea nazionale. A questo proposito va evidenziato che c'è una sostanziale differenza fra la Costituzione svizzera, che può essere modificata solo in una votazione con una maggioranza di popolo e cantoni e quella austriaca, germanica, francese e italiana, la cui modifica o ridefinizione è di competenza dei parlamenti. Dopo la fine del nazifascismo, nella seconda metà del XX secolo e con una modifica sostanziale delle relative costituzioni, si è costituita l'Unione europea. Il principio della neutralità, nei nostri quattro stati confinanti, è stato adattato a quello europeo e alla possibilità, in situazioni di crisi, di partecipare, nell'ambito della NATO, a operazioni belliche e aggressioni, di solito determinate o imposte dagli Stati Uniti quale “grande potenza imperiale” che ne fissa la conduzione, la politica e la strategia. A questo proposito è utile ricordare un episodio di politica imperiale vissuto dalla Svizzera nel 1803, quando Napoleone Bonaparte impose la sua mediazione e fece occupare militarmente l'intero paese4. Nel 1815, dopo la caduta dell'impero napoleonico, si aprì il Congresso di Vienna5 durante il quale la Delegazione svizzera, presente all'assemblea, mirava innanzitutto al riconoscimento ufficiale della propria neutralità. Il 20 novembre dello stesso anno Francia, Austria, Gran Bretagna, Prussia e Russia firmarono la dichiarazione che riconosceva la neutralità perpetua della Svizzera.

Nel XIX secolo la neutralità non s'impose come principio guida; fu la conseguenza di un paese indipendente che si affermava sulla scena internazionale. Gli svizzeri hanno però capito che se non sono neutrali, devono per forza stare da una parte. Ma da quale? Durante la guerra franco-prussiana del 1870 e durante la prima e la seconda guerra mondiale, la Svizzera ha dichiarato la sua neutralità.

Un principio in movimento

Nel corso della storia, la neutralità svizzera ha assunto forme diverse in parte specificate dall'aspetto umanitario. Di fronte a conflitti internazionali la Confederazione non può evitare d'interrogarsi sul comportamento da assumere e sul significato da attribuire di volta in volta al concetto di neutralità attiva e armata.

Alla fine della Prima guerra mondiale, la Svizzera entrò a far parte della Società delle Nazioni e fu anche disposta ad adottare sanzioni economiche. All'inizio della Seconda guerra mondiale, nell'intento di consolidare la propria neutralità, il Paese decretò la mobilitazione generale dell'esercito6, lanciando così un segnale forte e chiaro all'indirizzo dei potenziali aggressori che, in caso di attacco, avrebbe difeso il proprio territorio.

Dopo il secondo conflitto mondiale, nella prima parte del XX secolo, il Consiglio federale non tardò ad associare al principio di neutralità il concetto di solidarietà, aprendo la strada alle missioni all'estero per il mantenimento della pace. Prima tra tutti questi mandati, fu l'invio nel 1953 di alcuni osservatori svizzeri sulla linea d'armistizio tra le due Coree per sorvegliare il rispetto della tregua.

Nel periodo della Guerra fredda, l'interpretazione della neutralità vive un momento di grazia. Ad esempio, nel caso di un intervento militare senza mandato ONU, come quello del 1999 contro l'ex-Jugoslavia, la Confederazione applica alla lettera il principio di neutralità, negando ogni permesso di sorvolo del paese ad aerei da combattimento. Tuttavia non si oppose alla partecipazione a programmi di aiuto umanitario. Sarà l'aspetto umanitario a dare un senso a tale neutralità. Questa nozione di neutralità, per le sue componenti umanitarie, è uno stimolo utile e positivo: conferma non solo un ritrarsi su se stessi in modo egoistico, ma un modo per mettersi ed essere generosamente a disposizione.

Neutralità, tecnologia e digitalizzazione

Nel mese di febbraio dello scorso anno, sulla stampa svizzera e internazionale, è emersa la vicenda Crypto AG, la ditta di Zugo comprata segretamente nel 1970 dalla CIA7 con i servizi segreti tedeschi e grazie alla quale proprio Stati Uniti e Germania hanno spiato il mondo per mezzo secolo. La Crypto forniva sistemi di cifratura delle comunicazioni a 100 paesi, ma le sue macchine crittografiche anziché proteggere, garantivano accesso ai messaggi cifrati. Nel 1992, l'Iran arresta un impiegato della Crypto: si chiama Hans Bühler ed è un commesso viaggiatore. E' arrestato dalle autorità iraniane con l'accusa di spionaggio. Teheran lo terrà in prigione per nove mesi, fino a quando la Crypto pagherà una cauzione di un milione di dollari, per poi licenziarlo. Bühler torna in Svizzera e accusa i suoi ormai ex datori di lavoro di manipolare gli apparecchi e di lavorare con i servizi segreti americani e tedeschi. Un suo collega rilascia un'intervista anonima, confermando questa versione. Il Ministero pubblico della Confederazione indaga, ma l'affare finisce nel nulla e i documenti di questa inchiesta sono ora introvabili.

Non è tanto il rischio corso dal nostro paese per la violazione non solo della neutralità ma anche del principio della buona fede che dovrebbe caratterizzare i rapporti con stati sovrani, ma il fatto che noi siamo in procinto di acquistare aerei da combattimento per oltre 6 miliardi di franchi la cui tecnologia elettronica e computerizzata supera di gran lunga le capacità e le possibilità di manipolare una valigetta portatile per la decriptazione di messaggi. Il 18 maggio 2014, il popolo svizzero ha respinto col 53% dei voti l'acquisto dell'aereo da combattimento Gripen della svedese SAAB9. Era uno stato democratico che ci aveva offerto l'aereo. La Svezia è una nazione senza velleità egemoniche o imperialiste globali e di ciò che ci offriva: un aviogetto prodotto dalle officine Saab, ci si poteva fidare. Curioso è il fatto che l'esito della votazione è stato determinato da un'alleanza apocrifa fra i fautori di una Svizzera senza un esercito (GSoA) e l'UDC, il partito di Blocher. Dopo questa sconfitta, a mio parere, non appare del tutto trasparente la decisione del Consiglio federale di escludere dal verdetto popolare la scelta del velivolo da acquistare anche se ciò, considerata l'importanza di questo strumento da guerra, ha implicazioni non indifferenti sul concetto di difesa e del rispetto della neutralità del nostro paese. Da ciò che si può dedurre e da indiscrezioni sulle valutazioni in corso sembra scontato che la scelta del Consiglio federale cadrà sull'acquisto di un caccia statunitense.

La Svizzera e la NATO

Carl von Clausewitz11 nel suo celebre trattato “Vom Kriege” scrisse che gli aspetti politicofilosofici della guerra sono strettamente correlati con essa. Celebre la sua frase: «La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.» Con questa asserzione, Clausewitz afferma che in una comunità la politica, e quindi l'azione di governo, sono gerarchicamente superiori alla guerra e la utilizzano come strumento per i propri scopi. Non è possibile concepire un progetto bellico se non sussiste una comunità politica, per quanto primordiale, che lo decida. Ecco perché scrive anche che: «La guerra non scoppia mai in modo del tutto improvviso, la sua propagazione non è l'opera di un istante.» In un momento storico attuale in cui l'ideologia capitalista è risolutiva, non è avventato prevedere che la futura guerra, oltre che essere prospettata in Europa, sarà lo sbocco o la conclusione di attività economiche atte a determinare una preminenza o un'egemonia di una potenza12 nei confronti di un'altra, considerata sua rivale.

Alla luce di questi principi c'è da chiedersi come si possono interpretare le affermazioni del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, quando lo scorso 4 febbraio, parlando a giovani studenti e a personalità dirigenti degli Stati membri sul tema “Nuove idee per la Nato del 2030” ha detto, in grande sintesi, di prepararsi all'impiego di armi nucleari sotto il comando degli Stati Uniti13. Ci si può chiedere se un simile atteggiamento aggressivo non sia un rigurgito di una superpotenza in fase decadente decisa a ripristinare la sua egemonia imperiale e globale sul pianeta e ciò in un mondo oramai considerato multipolare a livello economico e politico-militare.14

La Germania di nuovo militarizzata?

Se l'acquisto della Crypto AG da parte de servizi segreti USA entra negli abituali obiettivi politici e militari di una potenza che vuole tornare, con il sostegno della NATO, a ristabilire la sua egemonia planetaria e globale, è apparsa indecifrabile o comunque inspiegabile l'acquisizione congiunta dell'impresa con la Germania. Ora se si considerano le intenzioni degli Stati Uniti, espresse recentemente da Stoltenberg, di affidare alla RFT il ruolo guida nella politica e nella strategia militare continentale europea, le intenzioni possono apparire più chiare, se non inquietanti. Russia e Cina sono imposte dagli USA al mondo “occidentale” come “nemici comuni” qualificate con aggettivi irriverenti che ricordano le intimazioni dogmatiche dei pontefici medioevali o rinascimentali verso chi si distanziava dall'egemonia pontificia. Ci si può chiedere se i provvedimenti decisi dall'amministrazione americana per interrompere il gasdotto Nord Stream possono aver generato l'espediente di dare alla Germania, quale indennizzo per la perdita dell'importante e strategico gasdotto, il riconoscimento dopo quella economica, di una egemonia militare europea. Dopo la Brexit15, leggendo il più attuale pensiero politico sulla stampa e nei media, l'intervento americano può nascondere anche un malcelato e maldestro tentativo di indebolire e dividere l'Unione Europea. Effettivamente il presunto progetto di egemonia della Repubblica federale è accompagnato da un riarmo sostanzioso della Germania.16 La leadership germanica le cui velleità, nella prima metà del XX secolo, sono costate all'Europa un bagno di sangue di dimensioni planetarie ancora oggi può suscitare perplessità non indifferenti.

Il gasdotto della discordia

Il Nord Stream è un gasdotto che, attraverso il Mar Baltico, trasporta direttamente il gas proveniente dalla Russia in Europa. La società che ne cura l'esercizio è Nord Stream AG (già North European Gas Pipeline Company), che ha sede a Zugo ed è costituita da: Gazprom 51%, Ruhrgas 15,5%, Wintershall 15,5%, N.V. Nederlandse Gasunie 9%, Gaz de France-Suez 9%. In più occasioni il gasdotto e i progetti di un suo raddoppio hanno suscitato le critiche degli Stati Uniti. Le amministrazioni di Barack Obama e Donald Trump, hanno entrambe condiviso l'idea secondo la quale i legami energetici tra Russia e Germania prefigurano una crescente dipendenza di Berlino e del resto d'Europa dal gas russo e di conseguenza un indebolimento geopolitico del Vecchio Continente a favore di Mosca. La contesa russo-americana sulle forniture di gas è stata da molti analisti paragonata a una vera e propria "guerra fredda" per il controllo del commercio dell'oro blu. Il Nord Stream gode fin dal 2000 dello status di progetto prioritario nel quadro delle Reti Trans-Europee dell'Energia (TEN-E dall'acronimo inglese), cioè è fra i progetti che l'Unione europea ritiene di fondamentale importanza per la sicurezza dell'approvvigionamento e il completamento del mercato interno. Gerhard Schröder , che ha ricoperto la carica di Cancelliere della Germania dal 1998 al 2005, solo alcuni mesi dopo la fine del mandato politico, accetta la nomina di Gazprom a capo del consorzio Nord Stream AG, che si occupa della costruzione del gasdotto che collegherà la costa russa nella regione di Vyborg alla costa tedesca nella regione di Greifswald, passando per il Mar Baltico. Il segretario di Stato americano Tony Blinken17 ha recentemente dichiarato che gli Stati Uniti intendono attenersi alla legislazione del 2019 e del 2020 che consente all'amministrazione a introdurre sanzioni contro il gasdotto Nord Stream-2. Ha aggiunto che il Dipartimento di Stato tiene sotto controllo gli sforzi per ultimare il gasdotto e le organizzazioni coinvolte in questi sforzi. "Il Dipartimento ribadisce il suo avvertimento che qualsiasi soggetto coinvolto nel gasdotto Nord Stream-2 rischia le sanzioni statunitensi e dovrebbe rinunciare immediatamente ai lavori sul gasdotto", ha detto Blinken. La Germania, con personalità di grande prestigio come un ex cancelliere, implicato in prima persona nella realizzazione di un progetto d'importanza economica strategica per l'intera Europa, saprà opporsi alle minacce statunitensi? oppure per timore delle sanzioni si piegherà ai diktat USA. E la Svizzera che ospita a Zugo l'impresa colossale di Gasprom come reagirà?

Svizzera neutrale e indipendente o soggetta all'impero?

Uno Stato è indipendente nella misura in cui non è soggetto a costrizioni imposte da un altro stato o da una potenza egemone. La democrazia si svuota d'ogni senso e contenuto di valori se la popolazione è costretta da norme imposte da uno stato estero ad agire in un modo contrario al suo principio di correttezza e onestà conforme al suo ordinamento statale. La neutralità è strettamente correlata a questo fatto, indipendentemente dall'importanza della potenza egemone che può minacciarla. Il principio della libertà democratica non è subalterno al profitto economico o a un presunto vantaggio politico ma il contrario. La neutralità non è un dono gratuito che gli stati terzi ci fanno ma ha un costo alto e notevole solo garantito dalla convinzione e dalla condivisione della popolazione supportata da valori storici e tradizionali che hanno ispirato la creazione dei nostri miti e contrassegnato la stesura della nostra Costituzione e delle nostre leggi


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